Elvia Bergamasco, Il cielo di cenere ( A cura di Ugo Perissinotto e
Imelde Rosa Pellegrini) |
Elvia Bergamasco, nel 1943 appena sedicenne, rappresenta l'elemento
femminile della deportazione dal nord- est, non la sola, essendo numerose le
donne che la vissero, pagando spesso la tragica esperienza con la morte.
Il libro ne ricostruisce la vicenda da quando, dopo aver subito più processi dal
comando delle SS per aver portato, in gran parte inconsapevole della posta in
gioco, alcune lettere ai partigiani operanti all' interno del suo luogo di
lavoro, una fabbrica di munizioni collocata nei pressi di San Giovanni al
Natisone in Friuli, è inviata al campo di sterminio di Auschvitz .
Ha solo 17 anni quando nel lager percorre le tappe dei deportati politici del
tempo, parimenti indicibili, fame, umiliazione, tenore continuo delle selezioni
per i forni crematori.
Elvia, ovvero il N°88653, alla fine dei lunghi mesi di prigionia, si ritroverà
superstite con pochi perché i grandi numeri non ci sono più: la fame e i camini
dei lager li hanno cancellati. Dopo che cancelli si sono aperti, a otto giorni
dalla liberazione, la giovane cade lungo le strade di Praga, ormai priva di
risorse e viene raccolta da mani pietose che la ricoverano in ospedale.
Quando riprende consapevolezza di sé a distanza di mesi, rientra nel suo paese
d'origine, dove si misura con i pregiudizi e con l'inconsapevolezza diffusa del
dopoguerra che non crede ai campi di sterminio o li vuole dimenticare in fretta,
che non perdona alla donna, in quanto tale, di essere stata coinvolta in eventi
politici e sociali tradizionalmente riservati agli uomini, uscendo dalla sua
secolare dimensione privata.
I curatori dell'opera che hanno raccolto la sua memoria non hanno voluto
sovrapporre la loro soggettività al vissuto di Elvia e si sono sforzati di
conservare i caratteri specifici della visione del mondo, propri di una ragazza
semplice, calata al! 'improvviso in una realtà di violenza che essa con i suoi
codici morali e culturali stenta a decifrare.
L'opera affronta anche il tema scabroso della memoria dell'esperienza del lager
, filtrata a distanza di anni dai protagonisti attraverso complessi meccanismi
di rimozione e di imprecisione, sempre possibili in queste circostanze.
Per questo i curatori si sono mossi su due piani: quello della trascrizione
fedele della narrazione, rispettata in ogni sua pm1e, anche se ormai divenuta
"monumento" e osmosi di altre analoghe esperienze,e quello dei riscontri critici
e delle precisazioni storiche, affidate al!' apparato critico delle note.
In tal modo, dopo il lungo silenzio, comune ad altre protagoniste della
deportazione, anche Elvia ha potuto esprimere fino in fondo il suo vissuto in un
libro che aggiunge un ulteriore tassello alla conoscenza dell'esperienza del
lager, anche se, nel farlo, ha dovuto percorrere la strada scabrosa del ricordo.
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