Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
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Atlante delle stragi nazifasciste
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Agosto 1944
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ANPI
ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA
DOCUMENTO DEL COMITATO NAZIONALE SULLE VICENDE DELL’AFGHANISTAN
(Approvato all’unanimità)
   
  Chi ha guadagnato cifre colossali sono stati la lobby delle armi e le agenzie di contractor, cioè di mercenari, che hanno partecipato alla guerra con più di 100mila uomini.

E’ improbabile che la fine della guerra in Afghanistan disegni la fine della centralità dell’Occidente e dell’egemonia a stelle e strisce, ma sicuramente ne rappresenta un segno forte di decadenza. Va ricordato che le popolazioni europea, americana, canadese, australiana rappresentano nel loro insieme circa un decimo del totale della popolazione mondiale – poco meno di 8 miliardi di persone – e che un reale governo del mondo non può avvenire a trazione forzosa, unilaterale e minoritaria.

La conclusione fallimentare delle ostilità in Afghanistan rappresenta inoltre la fine di qualsiasi teoria di esportazione o di trapianto del tipo ideale di governo di un popolo chiamato democrazia, che di fatto – dove è stato tentato – ha teso a proporre come universali anche gli usi, i costumi e la cultura dell’Occidente: la forma che negli ultimi decenni ha assunto un progetto di fatto neocoloniale. A ben vedere, per di più, questi tentativi di esportazione della democrazia hanno in realtà proposto uno specifico modello di democrazia presentandolo di fatto come l’unico possibile: la democrazia liberale. Tali tentativi, come ci dimostra l’esperienza dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Libia, sono falliti. Gli ideali della democrazia, che si può realizzare in varie forme, hanno sì una valenza universale ma vanno storicamente declinati in luoghi e tempi determinati, perché devono fare i conti con la storia, la geografia e la cultura di ciascun popolo. E’ perciò ragionevole pensare che gli orizzonti di sviluppo della democrazia nel mondo si possano realizzare attraverso specifiche vie nazionali che saranno presumibilmente molteplici e diversificate.

Ciò non può significare il disinteresse rispetto alle vicende di altri Stati in particolare dal punto di vista dei diritti umani, ma la via attraverso cui battersi per una loro effettiva universalità non può che essere quella dei rapporti diplomatici, anche aspri, come nel caso della situazione turca o egiziana, attraverso la strada maestra della cooperazione e degli interventi civili, di cui l’esempio più emblematico è Emergency.

Peraltro con la conclusione della guerra in Afghanistan cade – ci auguriamo – definitivamente il grande inganno delle “guerre umanitarie”, che, oltre a stragi e disastri, ha causato una drammatica instabilità in tante parti del mondo ed in particolare in Medio Oriente.

Nell’immediato c’è il rischio che si rafforzino i sovranismi nell’Unione Europea per tre ragioni:
1) il modello degli Stati Uniti come Paese che tende a soddisfare esclusivamente i propri interessi nazionali (American First) può essere contagioso: se “American First”, perché non “Prima gli italiani”?
2) dalla conclusione della vicenda afghana Trump esce in qualche modo vincitore nel suo conflitto con Biden, risalendo così la china della sconfitta elettorale;
3) la nuova ondata di migranti, in questo caso afghani, sta già determinando reazioni di chiusura e di xenofobia.
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--- 2021 ---
 
 
 
 
 
 
 

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