ANPI
ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA
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DOCUMENTO DEL COMITATO NAZIONALE SULLE VICENDE DELL’AFGHANISTAN
(Approvato all’unanimità) |
Chi ha guadagnato cifre colossali sono stati la lobby delle
armi e le agenzie di contractor, cioè di mercenari, che hanno partecipato alla
guerra con più di 100mila uomini.
E’ improbabile che la fine della guerra in Afghanistan disegni la fine della
centralità dell’Occidente e dell’egemonia a stelle e strisce, ma sicuramente ne
rappresenta un segno forte di decadenza. Va ricordato che le popolazioni
europea, americana, canadese, australiana rappresentano nel loro insieme circa
un decimo del totale della popolazione mondiale – poco meno di 8 miliardi di
persone – e che un reale governo del mondo non può avvenire a trazione forzosa,
unilaterale e minoritaria.
La conclusione fallimentare delle ostilità in Afghanistan rappresenta inoltre la
fine di qualsiasi teoria di esportazione o di trapianto del tipo ideale di
governo di un popolo chiamato democrazia, che di fatto – dove è stato tentato –
ha teso a proporre come universali anche gli usi, i costumi e la cultura
dell’Occidente: la forma che negli ultimi decenni ha assunto un progetto di
fatto neocoloniale. A ben vedere, per di più, questi tentativi di esportazione
della democrazia hanno in realtà proposto uno specifico modello di democrazia
presentandolo di fatto come l’unico possibile: la democrazia liberale. Tali
tentativi, come ci dimostra l’esperienza dell’Afghanistan, dell’Iraq, della
Libia, sono falliti. Gli ideali della democrazia, che si può realizzare in varie
forme, hanno sì una valenza universale ma vanno storicamente declinati in luoghi
e tempi determinati, perché devono fare i conti con la storia, la geografia e la
cultura di ciascun popolo. E’ perciò ragionevole pensare che gli orizzonti di
sviluppo della democrazia nel mondo si possano realizzare attraverso specifiche
vie nazionali che saranno presumibilmente molteplici e diversificate.
Ciò non può significare il disinteresse rispetto alle vicende di altri Stati in
particolare dal punto di vista dei diritti umani, ma la via attraverso cui
battersi per una loro effettiva universalità non può che essere quella dei
rapporti diplomatici, anche aspri, come nel caso della situazione turca o
egiziana, attraverso la strada maestra della cooperazione e degli interventi
civili, di cui l’esempio più emblematico è Emergency.
Peraltro con la conclusione della guerra in Afghanistan cade – ci auguriamo –
definitivamente il grande inganno delle “guerre umanitarie”, che, oltre a stragi
e disastri, ha causato una drammatica instabilità in tante parti del mondo ed in
particolare in Medio Oriente.
Nell’immediato c’è il rischio che si rafforzino i sovranismi nell’Unione Europea
per tre ragioni:
1) il modello degli Stati Uniti come Paese che tende a soddisfare esclusivamente
i propri interessi nazionali (American First) può essere contagioso: se
“American First”, perché non “Prima gli italiani”?
2) dalla conclusione della vicenda afghana Trump esce in qualche modo vincitore
nel suo conflitto con Biden, risalendo così la china della sconfitta elettorale;
3) la nuova ondata di migranti, in questo caso afghani, sta già determinando
reazioni di chiusura e di xenofobia. |
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