A Milano, in queste stesse ore, un gruppo di teppisti travestiti da
tifosi di calcio, alla vigilia di una importante manifestazione sportiva, ha
esposto uno striscione-shock: "Onore a Benito Mussolini".
Solo una squallida
provocazione, chi dice di no? Il malinconico autogol di un gruppo di miserabili
che le forze dell’ordine hanno già provveduto a identificare.
Tutto bene. Tutto
sotto controllo.
Eppure… Viviamo una temperie storica importante. Ogni giorno
siamo sempre più coscienti dell’importanza che la democrazia parlamentare
riveste per lo Stato Italiano.
Ogni giorno ciascuno di noi s’imbatte in tutta
una serie di difficoltà, d’ingiustizie, di conflitti che attraversano la società
occidentale, segnandola con la profondità del cambiamento.
Ma nessuno intende
rinunciare ai diritti conquistati attraverso la lotta del popolo italiano contro
l’ingiustizia.
Il 25 aprile oggi, nel 2019, ha più che mai senso. È la più
importante ricorrenza del nostro calendario. Perché è una festa che ci ricorda
quanto costa la LIBERTÀ. Inutile negarlo, cambiare è giusto.
È la nostra
speranza. È la speranza dei ragazzi che stanno crescendo e che si preparano ad
affrontare nuove sfide sul piano del lavoro, della tecnologia, delle
istituzioni, dell’istruzione, di mille altri ambiti tanto impegnativi quanto
ineludibili.
Eppure, nessuno di noi, a prescindere dall’ideologia politica che
lo contraddistingue, è disposto a rinunciare a un concetto fondamentale, che non
ci abbandona mai e che dentro di noi in realtà ripetiamo senza sosta.
E questa
idea sacra e inviolabile è la LIBERTÀ. Il diritto di autodeterminarsi. Il
diritto di esprimersi. Il diritto di lavorare, troppo spesso dimenticato o
addirittura violato.
La LIBERTÀ di vivere una vita fondata sulla ricerca della
felicità.
Ma tutte queste belle parole rischiano di perdere di significato se
non sono accompagnate dalla condivisione, da un sistema che garantisca la
giustizia, dal rispetto di ogni individualità.
Nel giro di qualche decennio,
l’ondata di deregulation politica, economica, finanziaria, perfino morale, che
ha attraversato la penisola, ha ridotto l’italiano medio a mostrarsi - come
cent’anni fa - razzista, furbastro, arrogante, prepotente, ad accogliere come
ben accetto solo chi porta capitali, non importa realizzati come, mentre la
stessa follia qualunquistica induce a respingere con disprezzo chiunque sia
povero, indigente, “diverso”. Non è questa l’Europa che vogliamo.
Non è questa
l’Italia generata dalla Liberazione Partigiana. L’Italia vera è quella
altruista, generosa, ingegnosa, che di fronte ai problemi socio-economici si
rimbocca le maniche, combatte, lavora, senza escludere nessuno, bensì allargando
la piattaforma sociale, costruendo il futuro delle giovani generazioni
attraverso la cultura umanistica, il rispetto, la giustizia, la LIBERTÀ.
E
allora gli esseri umani (perché in fondo tali sono…) che hanno srotolato quel
lungo striscione inneggiante al Duce a piazzale Loreto, a Milano, proprio lì,
dove il fondatore del Partito Nazionale Fascista fu giustiziato, forse hanno
voluto ricordarci qualcosa.
Il monito, che viene dagli strati più infimi, più
torbidi della società, non a caso risuona il 25 aprile, Festa della Liberazione
dall’odioso regime nazi-fascista, assumendo un significato particolare. La
memoria è un valore. Il fascismo, il cancro dell’Europa, è tra noi.
Il nostro
dovere consiste nel sorvegliare sulle istituzioni democratiche. Nell’impegno
civile. Nel non abbassare mai la guardia. Nel non illuderci mai che sia finita.
E se qualcosa mai possiamo lasciare in eredità alle giovani generazioni, questa
sarà la nostra semplice e chiara lezione:
ANTIFASCISMO, ANTIFASCISMO E ANCORA
ANTIFASCISMO PER LA LIBERTÀ DI TUTTI!