Auschwitz, una memoria doverosa.
Come è noto ai più, il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa entrò nel campo di
sterminio di Auschwitz.
Ricordare la liberazione degli ultimi 7000 internati fa parte dei doveri umani
imprescindibili. Vi furono massacrati circa 960.000 ebrei, 74.000 polacchi, 21
mila rom, 15.000 prigionieri di guerra sovietici e 10.000 persone di altre
nazionalità.
Richiamare al dovere della memoria è un atto incontestabile. Anche la memoria
più sacra però, non si sottrae alla profanazione.
Il giornale “Il Fatto Quotidiano”, in un articolo comparso il 1 febbraio del
2014, dà conto della seguente dichiarazione: “Siamo vittime, discriminate e
perseguitate come gli ebrei nella Germania nazista, i cristiani dell’Iraq, gli
schiavi del socialismo del XXI secolo.” La dichiarazione è stata rilasciata da
avvocati, figli e familiari dei dittatori e dei militari golpisti di Argentina,
Cile, Perù, Colombia, Uruguay e Venezuela. Ad esclusione del dittatore di
quest’ultimo paese la cui azione si è conclusa negli anni ‘50, i dittatori di
Argentina, Cile, Perù, Colombia e Uruguay furono supportati dall’Operazione
Condor che aveva come ispiratori la C.I.A. e l’amministrazione nordamericana.
Alla profanazione della memoria si deve rispondere con la memoria. In Argentina,
Jorge Rafael Videla, presidente golpista dal 29 marzo 1976 al 28 marzo 1981, è
stato processato e condannato per la “scomparsa” di circa 30.000 oppositori. In
Cile, Augusto Pinochet, che aveva preso il potere con la forza delle armi l’11
settembre 1973, “vanta” 40.000 vittime e circa 600.000 sequestri.
In Perù, Alberto Fujimori, al potere tra il 1990 e il 2000, supervisionò la
campagna di pianificazione familiare nel corso della quale 300.000 donne
indigene furono sterilizzate a forza. In Colombia, il presidente Àlvaro Uribe
Vélez, al potere dal 2002 al 2010, con i suoi tagli alle spese sociali, aumentò
di circa 300.000 unità i bambini esclusi dall’educazione elementare e ridusse al
5% il numero dei giovani in grado di accedere economicamente all’istruzione
superiore.
Il 18 novembre 2009, dieci organizzazioni non governative lo hanno denunciato
per 889 casi documentati di tortura, 502 dei quali conclusi con la morte della
vittima. Juan Maria Bordaberry, dittatore in Uruguay dal 1973 al 1976, destinava
la metà del bilancio dello stato per finanziare i militari contro i Tupamaros,
che, se catturati, venivano stipati nelle carceri in condizioni disumane.
Qui si chiude l’elenco. Gli avvocati e i parenti di tutti costoro non sanno cosa
sia la vergogna nel dichiararsi vittime e nel paragonarsi alle vittime del
nazismo. A noi che crediamo fermamente nella democrazia che, seppure imperfetta,
è sempre perfettibile in piena coscienza e libertà, oltre al dovere di ravvivare
la memoria di quanti ci stanno attorno, abbiamo anche quello di denunciare
coloro che, approfittando della distanza nel tempo, si servono persino della
sofferenza degli altri per nascondere la loro vergogna.
Nel ricordare questo tragico passato non possiamo permetterci neppure di
dimenticare che l’Italia fascista, tra il 29 giugno del 1938 e il 13 luglio del
1939, emanò ben nove, tra dichiarazioni, documenti, atti legislativi, per
discriminare gli ebrei. Riguardavano l’espulsione degli ebrei dalla scuola. Il
decreto venne ulteriormente aggravato con un’integrazione successiva.
Riguardavano l’espulsione degli ebrei stranieri, la salvaguardia della razza
italiana (ci sia consentito un fremito di sgomento nel vederci paragonati a una
razza bovina di pregio), l’esercizio delle professioni, i testamenti e gli assi
ereditari, il controllo sui cognomi.
A questi si aggiungano l’istituzione di scuole elementari separate per ebrei,
per i quali, ricordiamo, era preclusa ogni istruzione superiore e ben due
pronunciamenti del Gran consiglio del Partito Fascista.
Il destino tragico degli
italiani di origine israelita era segnato.
Testo di Grazia Liverani
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