Torlano 25 agosto 1944
Per una memoria attiva |
Contributo della sezione “Dino Moro” dell’ANPI di Portogruaro.
La guerra in Siria, attraverso i media, ci stordisce quotidianamente con
immagini agghiaccianti e talmente intollerabili da farci provare il desiderio di
non guardare, per non vedere. Questo continuo martellamento rischia di produrre
un effetto a eco, rischia di indurci ad assecondare la tentazione di azzerare
anche la memoria delle stragi che hanno coinvolto, seppure in tempi ormai
lontani, le nostre genti.
Il 25 agosto 1944, nel piccolo paese di Torlano, nell’Alto Friuli, si compì, non
semplicemente una rappresaglia, ma una vera e propria strage. Fu strage, perché
gli assassini, in divisa tedesca, colpirono indiscriminatamente quanti trovarono
sul loro cammino, ma, cosa ancora più grave, fu un disegno omicida
intenzionalmente preordinato.
Fritz Joachim, “il boia di Colonia”, aveva bisogno della carne e del sangue di
una quarantina di vittime per pareggiare il conto con i partigiani. Purtroppo
per lui, riuscì a massacrarne solo, si fa per dire, poco più di una trentina.
Tra le storie rammentiamo quella di una poverissima famiglia di Portogruaro, i
De Bortoli.
Erano mezzadri carichi di figli, cacciati dalla terra, migranti e rifugiati
nella piccola comunità di Torlano. Vivevano di stenti e del lavoro precario del
padre, muratore in Carnia. I De Bortoli rimasero, nonostante gli avvertimenti,
convinti che la loro vita precaria li avrebbe messi al sicuro dalle rappresaglie
dei signori della guerra, opportunamente guidati da fascisti, loro servi fedeli.
Quando il paese fu circondato si rifugiarono nella stalla. La stalla era il
luogo in cui le famiglie contadine approfittavano del colore delle bestie per
scaldarsi e dove si ritrovavano unite dopo il lavoro. Nella stalla furono
massacrati.
Per non dimenticare, a Torlano, ogni 25 agosto si celebra una Santa Messa e si
va in corteo al cimitero per rendere memoria e onore alle povere vittime.
Potrebbe sembrare semplicemente una buona consuetudine, oggi più che mai però,
non si tratta di un semplice rito, ma di un necessario esercizio per riattivare
la memoria. Le ragioni di questo appello alla memoria attiva le vediamo
spuntare, come fiori avvelenati, apertamente, impunemente e con pericolosa
protervia, intorno a noi.
Si moltiplicano sul territorio le aperture delle sedi ufficiali di movimenti
“politici” che si vantano di avere radici nell’ideologia nazifascista. Si
commemorano vistosamente gerarchi fascisti, come è accaduto a Ravenna per lo
squadrista Ettore Muti. A Firenze ci si dimentica di invitare l’ANPI alla
giornata commemorativa della liberazione della città dai tedeschi, liberazione
avvenuta l’11 agosto 1944 per opera del popolo e dei partigiani.
Questi fatti e altri analoghi che sarebbe troppo lungo citare, richiamano tutti
noi all’esercizio attivo della memoria. Non consentiamoci di dimenticare che
fascismo e nazismo portarono la nostra gente a una guerra disastrosa e che i
vari neonazismi o neofascismi di oggi incitano, con le parole, all’aggressione e
che alcuni loro adepti praticano la violenza vile e gratuita.
Se ci si chiede contro chi sia praticata la violenza, si sappia che, nelle
guerre di allora e di oggi, non cadono solo fulgidi combattenti, ma soprattutto
viene colpita la povera gente che non sa difendersi e che non può neppure
scappare.
Il presidente Grazia Liverani |
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