Domenica 18 novembre, nella tarda serata, ci ha
lasciati di Umberto Lorenzoni.
"Ci ha lasciati” è sembrato il termine più giusto per significare il senso di
vuoto ogni volta che un partigiano combattente nella Guerra di liberazione è
costretto a cedere le armi di fronte all’inesorabile avanzare del tempo.
Il vuoto è tanto più grande quando viene a mancare qualcuno che, come Umberto,
ha continuato per tutta la vita a testimoniare la sua fede nella democrazia e
nella libertà conquistate nella Resistenza, ma da difendere, da riaffermare e da
riconquistare giorno dopo giorno.
Umberto Lorenzoni, per tutta la sua lunga vita, non ha mai cessato di richiamare
ciascuno di noi al dovere della vigilanza e dell’azione politica consapevole
volte a pretendere, con forza, il rispetto dei valori espressi nella carta
costituzionale. Ci ha rammentato che è stato necessario essere fermi nel
contrastare quanti, nel corso di più di settant’anni che ci separano dalla lotta
di liberazione, hanno attentato, con atti e parole, alla convivenza democratica.
Ci piace ricordarlo in un lontano 18 dicembre. Si era nel 2013 quando, di fronte
a una platea di giovani stipati nell’Aula Magna dell’Istituto Tecnico
Industriale Leonardo da Vinci di Portogruaro, tenne una memorabile relazione in
occasione della celebrazione dell’anniversario dell’impiccagione di tre giovani
partigiani nella piazza di Portogruaro, il 18 dicembre 1944.
Con la sua voce intensa e forte ricordò, ai giovani presenti, gli anni nei quali
un popolo stremato dal fascismo e dalla guerra si strinse attorno ai partigiani
combattenti per cacciare gli occupanti tedeschi e impedire che i loro complici
fascisti potessero continuare a tenere, sotto un tremendo giogo, l’intero popolo
italiano.
Quel giorno le sue parole furono accolte in un silenzio vibrante perché si
percepiva che dietro di esse vi era una convinzione, quasi una fede, nel fatto
che la Resistenza aveva avviato un processo di profondo mutamento nella vita del
paese, processo che doveva essere continuato con eguale spirito e spendendovi le
migliori forze. Noi, iscritti all’ANPI, in quanto chiamati a proseguire l’opera
di donne e di uomini della statura di Umberto Lorenzoni, ci sentiamo spesso
inadeguati rispetto all’impegno che ci siamo presi raccogliendo il testimone di
quella lotta.
Qualcuno di noi, bambino, conserva un ricordo intenso di quell’inverno del 1945
con le notti turbate dal sibilo delle traccianti e da qualche sporadica raffica
di mitragliatrice. Altri, i più giovani, di quella guerra terribile non hanno
alcun ricordo. Umberto, quella mattina, affermò che la Resistenza ci aveva
offerto in dono la liberazione da una guerra sciagurata.
Era una guerra che aveva condotto la povera gente, grandi e piccini, alla fame,
alla miseria, alla disperazione. Era una guerra intrapresa per garantire gli
interessi dei ricchi e dei potenti che non condividevano con la gente comune
neppure la paura delle bombe, dei rastrellamenti, delle rappresaglie.
Al contrario la guerra partigiana era una guerra di liberazione dall’occupazione
militare e dall’oppressione fascista. Era anche una guerra per la giustizia
sociale. Era una guerra dove per la prima volta, il popolo aveva cognizione di
causa dei valori in gioco. Tra le molte idee che, con la sua testimonianza,
Umberto Lorenzoni ha contribuito a diffondere ci piace qui ricordare il richiamo
all’alleanza che si creò tra i partigiani combattenti e la popolazione e che
trovò la sua sintesi politica nell’articolo uno della nostra Costituzione che
fonda la convivenza democratica sulla sovranità del popolo.
Per tutti gli iscritti alla sezione Dino Moro
Grazia Liverani