La Sezione Dino Moro dell’ANPI di Portogruaro,
sentito il dovere di partecipare alle celebrazioni del centenario della Prima guerra mondiale, ha dedicato una
serata alla commemorazione del sacrificio di quella parte del popolo italiano
(solo per gli illusi o, peggio ancora per qualche astuto politicante, il popolo
è un’entità unica e uniforme), quella parte che è stata costretta a dare il
proprio contributo di vita e di sofferenza all’esito positivo della guerra,
esito che coincide con la fine dei combattimenti, nel novembre del 1918.
Giovedì
8 novembre, a partire dalle 20:30, presso la Sala Consiliare del Comune di
Portogruaro, resa disponibile a titolo gratuito dall’Amministrazione, l’ANPI ha
portato la sua testimonianza nel corso di una serata dedicata alla memoria di
quanti hanno perso la vita nella Prima guerra mondiale.
A seguire l’Associazione
La Ruota di Gruaro ha presentato una lettura scenica a più voci, Malacarne,
nella quale sono stati rievocati i sentimenti, le emozioni e le sofferenze di
quanti, dal basso, hanno combattuto in guerra e, spesso, patito nella guerra.
Abbiamo ricordato il pesante contributo di vite umane tra i combattenti,
651.000, a cui si aggiunsero 589.000 civili. Abbiamo ricordato il contributo di
sofferenze, altrettanto pesanti, a volte disumane, patite dalla popolazione
dell’intero Paese.
Si afferma, spesso con orgoglio che, con la guerra del
‘15/’18, si è concluso positivamente il percorso risorgimentale che aveva come
meta l’Unità d’Italia. Va detto però che, per la stragrande maggioranza delle
italiane e degli italiani, vuoi per indigenza, vuoi per non colpevole ignoranza,
vuoi per esclusione dai diritti politici (vedi le donne), la guerra fu una
disgrazia subita, un po’ come la grandine che rovina il raccolto.
Solo dopo la
battaglia di Caporetto, non a caso nota anche come la 12ª battaglia dell’Isonzo,
quando la guerra divenne una guerra di difesa, mutò l’atteggiamento dei soldati.
Per l’esercito italiano Caporetto era stata un’immane catastrofe. La battaglia
era iniziata alle due di notte del 24 ottobre 1917 e culminò con la disastrosa
ritirata che, il 19 novembre 2017, si concluse sull’argine meridionale del fiume
Piave dove venne stabilita una nuova linea di fronte.
Nella battaglia, sul
campo, erano rimasti 40.000 combattenti; ne furono fatti prigionieri 365.000.
Per comprendere la Guerra del ‘15/’18 la memoria non basta, occorre sempre
confrontarla con la conoscenza storica che, rispetto alla memoria, richiede
indubbiamente maggiore impegno di forze e maggior fatica.
È opportuno però far
ricorso alla storia, perché, se ci affidiamo semplicemente alla memoria,
attraverso le celebrazioni, potremmo limitarci a compiere un rito che, alla sua
conclusione, rischia di mettere una pietra tombale sul sacrificio di tante donne
e di tanti uomini.
Per la sezione
Il presidente
Grazia Liverani