Associazione Nazionale Partigiani d'Italia
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Atlante delle stragi nazifasciste
MEMORIE
Agosto 1944
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Discorso tenuto dal sindaco Walter Tosolini, il 25 agosto 2013 a Torlano, nella Commemorazione delle 33 vittime civili di Torlano

        Presidente del Consiglio Regionale Franco Jacop, Consigliere Provinciale Leonardo Barberio, Signori Sindaci o delegati di Udine Tarcento, Attimis, Faedis, Lusevera, Autorità civili e Militari, Associazioni di Arma, del Volantariato Rappresentanza delle vittime civili della Guerra, Delegazioni Anpi del Portogruarese, dell'Anpi Provinciale di Udine, della Sezione Anpi di Tarcento Nimis, ringrazio per la vostra presenza solidale; mi rivolgo a lei Signor Sindaco di Portogruaro che rappresenta non solo la società civile della sua Città, ma anche quel pezzo di storia travagliata, vissuta dalle sue genti in questo lembo di terra ed incarnata ancora nei parenti delle vittime, Concittadini di Torlano .
Siamo qui oggi a commemorare le vittime dell’eccidio di Torlano!
Questa cerimonia che lega il presente alla memoria storica di un passato tragico per la Frazione di Torlano non vuole essere un perpetuarsi in un rivalsa ideologica, in una trasmissione di odi inveterati, tanto meno in una vuota retorica, ma deve essere portatrice di un nuovo contesto di apertura verso speranze future, dove le nostre generazioni, testimoni e custodi di questa memoria, devono essere il tramite di conoscenza verso quelle nuove generazioni, ormai troppo lontane da queste testimonianze, che hanno informato la Costituzione Italiana.
Oppure vogliamo, che tutto questo cada nell’oblio più profondo, in modo che il dolore, che nutriamo ancora per queste vittime, per le lotte dei resistenti per la libertà non siano valse a niente ed ora non ci diano una possibilità di riscatto nell'Italia di oggi? Sarebbe una tragedia nella Tragedia della Storia!
Io spero che oggi tutti noi in questo momento con la sincerità di un ricordo dimostrato nel tempo verso le vittime e il loro sacrificio siamo venuti a riflettere responsabilmente su questo!
Il 10 settembre 1943 Hitler firmava l'ordinanza, che istituiva nelle zone nord-orientali occupate dalle truppe tedesche due nuove entità politiche amministrative, di cui una la Zona di Operazione Litorale Adriatico, che raggruppava le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume, Lubiana e le isole del Quarnaro.
A questi territori, che vengono sottratti anche alla Repubblica Sociale di Salò, vengono imposti i poteri politici, amministrativi, giudiziari ed economici, introducendo leggi e disposizioni germaniche e istituendo tribunali, che impongono la procedura penale tedesca.
Le autorità della Repubblica Sociale Italiana di Salò e qualsiasi formazione militare della stessa sono completamente estromesse dalla gestione del potere. Le operazioni e di controllo del territorio sono di pertinenza esclusiva della polizia nazista e della forze armate germaniche.
Da questo momento il nostro territorio venne controllato con estrema durezza da reparti militari speciali tedeschi e da collaborazionisti locali alle dirette dipendenze degli stessi, dal settembre 1943 all'aprile 1945.
Questo era il contesto storico dove avvennero i fatti, che oggi noi celebriamo. Nella pedemontana orientale, prima di una vera organizzazione di reparti partigiani, cominciarono i primi rastellamenti a Cergneu, Pecolle e Nongruella di Nimis da parte delle SS; fra l’11 ed il 12 dicembre del 1943, dopo un rastrellamento furono uccisi 32 civili, e in un crescendo tragico, dove l’Eccidio di Torlano con le sue 33 vittime fu una dimostrazione di una repressione barbarica da parte di forze sottomesse ad una Ideologia Negativa Pervasiva di tutta la società, fino ad arrivare all’epilogo dell’incendio di Nimis da parte delle Truppe Nazifasciste.
Limitare questo doloroso fatto di portata storica ad una decimazione a seguito del una applicazione di un diritto di rappresaglia è un errore riduttivo, che non tiene conto dal contesto in cui è accaduto.
Non si capirebbe tutta la portata e il valore di queste vittime sacrificali e di tutte le popolazioni civili inermi trucidate e deportate nei campi di lavoro e di sterminio dei giovani partigiani caduti nella pedemontana orientale del Friuli.
Il sacrificio di questa famiglia inerme, se da una parte mostra la ferocia di una ideologia, che in nome della superiorità della razza, ha represso una realtà fondamentale della vita, quale era in questo caso di queste persone legate al loro lavoro e alla loro famiglia, dall’altra ha evidenziato il valore del sacrificio corale di questa Resistenza Passiva delle nostre popolazioni, che assieme alla Resistenza Combattente, ha portato l’Italia nel consesso delle democrazie.
Le vittime di questo eccidio non solo sono la testimonianza di questa barbarie, ma sono parte integrante di quella grande e gloriosa compagine di donne, uomini resistenti per la conquista della libertà, vittime costruttrici con pari dignità del percorso doloroso verso la Liberazione e la formazione della Costituzione.
Nella commemorazione di questo triste passato invece ci siamo più volte soffermati sulle azioni, sui fatti materiali della tragedia, perché troppo ancora sono presenti i ricordi e gli affetti, ma non abbiamo mai approfondito quali erano le cause che avevano portato la pedemontana orientale del Friuli, l’Italia, in questa immensa tragedia che aveva investito il mondo intero, principalmente l’Europa; abbiamo sempre pensato alla popolazione che aveva sofferto a causa delle truppe di occupazione, nel tempo abbiamo ricercato solo la pace attraverso la misericordia del perdono, dimenticando, in realtà che un’ideologia perversa si era impadronita anche dei nostri uomini e della società, annullando l’uomo che lavora, che ama, imponendo il superuomo, che era al di fuori di ogni regola morale, dal contesto della tradizione cristiana della nostra popolazione.
La riconquista di una libertà perduta, doveva passare attraverso questo sacrificio e la lotta di liberazione per raggiungere la consapevolezza che quella civiltà era in contrasto con una società libera e democratica.
Dobbiamo fare della memoria storica, di questo fatto e di quello che è successo nella guerra di liberazione una virtù civile, che ci indirizzi ed attivi, specie in questo momento, in noi scelte positive, finalizzate all’attuale e sempre più cogente riappropriazione dei valori della Costituzione e della Democrazia; è un dovere di noi tutti, di non delegare, a nessuno, perché quello che è già stato già può ritornare.
In questa pagina della nostra storia è presente altro concetto preminente: il lavoro, che le vittime erano venute a svolgere lontano dai loro focolari, per il raggiungimento della dignità dell’uomo, diritto qui negato dalla dura repressione inflitta, conquistato con il sacrificio e la lotta di Liberazione ed acquisito dalla nostra Costituzione.
Al sacrilego concetto dei campi nazisti “ il lavoro rende liberi” la Costituzione Italiana contrappone al primo articolo : “La Repubblica Italiana è fondata sul Lavoro” Il sacrificio di queste vittime civili e resistenti ha inverato questo atto positivo dei nostri Padri Costituenti? No, specie in questo momento tragico della nostra vita democratica!
Una analisi attuale approfondita sullo stato della crisi dell’economia, che muove fin dalle origini della vicenda costituzionale repubblicana, deve renderci consapevoli di un rischio, che la perdita generalizzata del Lavoro può mettere in crisi la Democrazia e la Costituzione, perché il lavoro e la libertà in una democrazia sono strettamente connesse.
Per questo dobbiamo ricordarci quanto intense e propositive furono quelle vicende nel dibattito del dopoguerra sull'articolato della Costituzione, e come la Costituzione stessa poté essere riconosciuta come patto vincolante anche da chi non aveva trovato in essa la traduzione piena di quegli ideali per i quali pure aveva lottato.
Fu sì un compromesso, se non nel senso più alto, una sintesi essenziale del processo democratico.
Se allora al momento della formulazione della Costituzione fu un riconoscimento reciproco di forze, che magari si riscoprivano lontane, anche per i principi che avrebbero governato l’economia, pur dopo una lotta comune, che sapevano di essere destinate a contrapporsi, ma proprio per questo avvertivano d'aver tutte bisogno di un patto al quale esse, e soprattutto i cittadini, potessero riferirsi al di là delle contingenze e delle ideologie; ora in questo momento duro e per certi versi tragico, noi cittadini di questo paese che ha molto sofferto, ricordando idealmente quel patto di allora sintesi di ideali e riferimento e esempio per l'attuale confronto in essere, sciogliendo questa cerimonia ricca di significati, chiediamo a noi stessi e ai nostri governanti di non rendere inefficace, quello che è stato costruito con dolore per il lavoro e per la dignità dell’uomo.
--- 2013 ---
 
 
 
 
 

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